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L'attesa paziente del tempo di DIO
Luca 8,4-8
Or come si riuniva una gran folla e la gente di ogni città accorreva a lui, egli disse in parabola:
«Il seminatore uscì a seminare la sua semenza; e, mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada: fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono.
Un’altra cadde sulla roccia: appena fu germogliato seccò, perché non aveva umidità.
Un’altra cadde in mezzo alle spine: le spine, crescendo insieme ad esso, lo soffocarono.
Un’altra parte cadde in un buon terreno: quando fu germogliato, produsse il cento per uno». Dicendo queste cose, esclamava: «Chi ha orecchi per udire oda!»
Ebrei 4,12-13
Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore.
E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto.
Marco 4,26-29
Diceva ancora: «Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme nel terreno,
e dorma e si alzi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce senza che egli sappia come.
La terra da se stessa porta frutto: prima l’erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato.
E quando il frutto è maturo, subito vi mette la falce perché l’ora della mietitura è venuta».
Per la giornata di oggi ci vengono proposti tre testi che si riferiscono all’attesa paziente del tempo di Dio.
Nell tempo della risposta immediata a ogni nostro dubbio online ci sembra di non avere più la pazienza di aspettare: aspettare gli esiti di un esame medico, dello sviluppo di un processo di guarigione, della crescita di una pianta.
E per Gesù questi seminatori che seminano e lasciano poi al terreno di agire sono immagine del Regno di Dio, che lavora nascostamente, e che ha bisogno della collaborazione del seminatore e del terreno, e anche dell’ambiente e del clima.
Una figura simile ce la regala Jean Giono con il suo L’uomo che piantava alberi. Si parte con una montagna desertica e devastata dalla guerra e si arriva a boschi e fonti d’acqua ritrovate e rigenerate dagli alberi, dalle loro radici, dal microclima che questi hanno creato. Ma l’uomo che ha piantato tutte le ghiande, passando le serate a scegliere le migliori, non è visibile, è scomparso. Ciò che è rimasto è il frutto del suo lavoro.
Dalla sua ostinazione sono rinate le montagne, le foreste, le acque e i villaggi di quelle Alpi francesi: “un uomo solo è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan” (p. 41).
Anche la storia che ci precede e ci sostiene è un po’ come quella raccontata da Giono: i protagonisti sono scomparsi, ma noi ne cogliamo i frutti. Ne diveniamo anche inevitabilmente i fruitori e i responsabili della trasmissione. La storia che riceviamo, con i suoi guadagni e i suoi tormenti, è un dono e una responsabilità.
Il falò del 17 febbraio a Torino si è svolto sotto lo slogano “I diritti di tutti”. Nel 1848, i valdesi, prima, e gli ebrei pochi giorni dopo, ottennero i diritti di cittadini per i membri delle loro comunità. Aprirono così la strada a tutto l’evangelismo che nell’Ottocento anche a Firenze fu così fiorente e importante.
Ma mentre in questi giorni, come evangelici, festeggiamo, sappiamo che i diritti e la libertà non sono mai un regalo. Essi richiedono la fantasia e l’audacia del seminatore, e l’attesa e la speranza di chi sa che a operare è Dio.
Voglio leggere la riflessione di Maria Bonafede su questo tema della libertà e dei diritti, che lei inizia dicendo che festeggiamo la libertà non da soli, ma insieme con tanti gruppi e associazioni impegnate per i diritti di tutti.
“C’è ancora bisogno di dire con tutta la forza e l’intelligenza che abbiamo che sulla libertà e sui diritti si deve vigilare, che niente è acquisito una volta per tutte?”, si chiede Bonafede e prosegue:
“Si, ce ne è ancora bisogno, più bisogno che mai. Non possiamo e non vogliamo accontentarci della nostra libertà senza patire, lavorare e pregare per le libertà e i diritti degli altri. Ogni tanto lo perdiamo di vista, ogni tanto i privilegi che abbiamo ci fanno dimenticare o minimizzare la sofferenza delle persone che intorno a noi non possono contare sul fatto che avere dei diritti li rende uomini e donne libere e non averli li lascia tremanti nella disumanità. Non penso soltanto ai profughi, anche se in loro e nei loro racconti, abbiamo la misura di cosa vuol dire aver perso tutto, casa, lavoro, beni, posizione sociale (ho conosciuto insegnanti, artigiani, artisti, padri e madri di famiglie agiate che oggi vivono l’estraneazione e l’umiliazione) e che, nonostante tutto, hanno ancora speranza, perché sono vivi. […]Proviamo a pensarci in questa festa della libertà di cui andiamo giustamente orgogliose, di cui siamo fieri. Festeggiamo e ricordiamo che la libertà si può perdere e il diritto può essere calpestato. E guardiamoci intorno: la nostra azione, la nostra preghiera, la nostra decisione può fare la differenza”.
“Chi ha orecchi per udire, oda!”, dice Gesù al termine della sua parabole.
Egli ci invita a non rinunciare ad andare avanti, a sperimentare, a provare ancora e sempre di nuovo.
Ciò che si raccoglie è opera di Dio, eppure non è senza il nostro lavoro e la nostra attesa. Il credente si fa indietro, così come Gesù stesso si fa indietro, lasciando agire Dio. I diversi terreni, su cui cade il seme – la Parola –, non sono persone più o meno buone, più o meno disposte. La punta della parabola non ha di mira i convertiti che devono far fruttare la Parola e stare saldi in tempi di persecuzione. E’ la complessità della storia che accoglie l’agire di Dio, è la intricatezza delle nostre vite. E, nonostante queste complessità, Dio agisce. La festa della libertà e dell’emancipazione valdese, che ci ha portati fino qua, è uno dei segni della speranza. A Dio affidiamo il nostro impegno di oggi perché tenga aperta la speranza per tutti/e.
Pastora Letizia Tomassone Predicazione 19 febbraio 2017 Chiesa Evangelica Valdese di Firenze
Nota L’articolo di Maria Bonafede può essere letto nella sua integralità a questo link
http://www.nev.it/nev/2017/02/14/diritti-frutto-un-impegno-senza-fine-un-xvii-febbraio-solidarieta-ci-sta-accanto/
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